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Ceglie Messapica : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diBrindisi.

Comuni

Comune di Ceglie Messapica

Ceglie Messapica

CENNI GEOGRAFICI
Il territorio comunale si estende per 130,33 km2 nella parte meridionale dell'altopiano delle Murge tra la Valle d'Itria e l'Altosalento, in una zona collinare al confine con la pianura salentina. Il comune si trova a 31 km da Taranto e a circa 35 km da Brindisi; confina con Ostuni (distanza 11 km), Martina Franca (17 km), Villa Castelli (8 km), Francavilla Fontana (14 km) e San Michele Salentino (10 km). Classificazione sismica: zona 4 (sismicità molto bassa) Classificazione climatica: zona C, 1286 GG
CENNI STORICI
Secondo una leggenda, la fondazione di Ceglie sarebbe legata all'arrivo in Italia del mitico popolo dei Pelasgi, al quale è attribuita la costruzione di manufatti megalitici noti con il nome di specchie. In seguito all'arrivo di coloni greci nella zona, intorno al 700 a.C., la città assunse il nome di Kailìa. Il nucleo urbano, esteso ai piedi di un colle (nella zona dove attualmente sorge la stazione ferroviaria delle Ferrovie Sud-Est), era difeso da fortificazioni i cui scarsi resti sono noti con il nome locale di "Paretone". Presso la città sarebbero sorti santuari extraurbani dedicati alle divinità greche Apollo (in corrispondenza dell'odierna chiesa di San Rocco), Venere (sulla collina di Montevicoli) e sotto la Basilica di Sant'Anna nel corso dei lavori di sondaggio i frammenti di ceramica votiva e resti del tempio della Dea Latona madre di Apollo e Diana (Archivio 1987). La città fu punto di avvistamento del popolo dei Messapi subalterno ai centri di Oria e Brindisi a lungo in lotta contro la spartana Taranto che aveva un suo avamposto militare detto Phrouron in località Pezza Petrosa nel territorio di Villa Castelli. Taranto aspirava ad uno sbocco sul mar Adriatico e giunse a sottomettere tutti i centri messapici; oltre a Ceglie, caddero sotto il dominio tarantino una dopo l'altra Oria, Rudiae, Lecce, Brindisi, Egnatia e Càrbina. In epoca romana la città era ormai decaduta. In età normanna Ceglie è nota come feudo, Castellum Caeje, sotto l'autorità del Castellano Paganus che delinea i suoi confini con la potente città di Ostuni. in età Sveva il borgo è denominato Celie de Galdo, il suo signore più importante e combattivo è Glicerio de Persona[2] signore delle Terre di Ceglie del Gualdo, di Mottola, di Soleto e del Casale di San Pietro in Galatina. Glicerio parteggiò per Corrado IV del Sacro Romano Impero figlio di Federico II del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia contro gli angioini. Caduto anche Manfredi di Sicilia, l'ultimo degli Svevi, Carlo I d'Angiò ordina la cattura di Glicerio, che si era dato alla latitanza nelle campagne di Taranto dove fu catturato, condotto in carcere nel castello di Brindisi (insieme ai figli Gervasio, Giovanni e Perello) e condannato per fellonia, subì infine il patibolo.[3]. I possedimenti che deteneva furono confiscati e ceduti ad Anselino de Toucy. Dotato di un piccolo castello, il feudo fu successivamente in possesso delle famiglie Orimi, Scisciò, Brancaccio, Dentice e Pignatelli, e degli arcivescovi di Brindisi. Nel territorio circostante erano già stati fondati gli importanti monasteri dell'abbazia di Sant'Anna, alla periferia dell'odierno abitato e della Madonna della Grotta, di cui resta la chiesa, sulla via vicinale per Francavilla Fontana. Nel 1521 venne costruita al posto della chiesa matrice la collegiata, ingrandita e arricchita di decorazioni barocche nel 1786. Il 24 ottobre 1584 il feudo venne ceduto in permuta da Cornelio Pignatelli a Ferdinando Sanseverino, conte di Saponara e barone di Viggianello. I Sanseverino ampliarono il castello e promossero la fondazione del convento dei Cappuccini, oggi scomparso, e di quello dei Domenicani, sede del comune fino al 2005. Ai Sanseverino subentrarono quindi i Lubrano e i Sisto y Britto: in seguito all'estinzione di questa casata con il duca Raffaele, nel 1862, il castello e le residue proprietà dell'ex feudo vennero ereditate dalla famiglia Verusio. Durante il Risorgimento ebbe sede a Ceglie una vendita carbonara, ad opera di Domenico Termetrio di Cisternino, e una sezione della Giovine Italia, ad opera di Pietro Elia, amico personale di Giuseppe Mazzini. Dopo l'annessione al Regno d'Italia visse un periodo di fioritura e agli inizi del XX secolo vide una crescita demografica, nonostante la presenza del fenomeno dell'emigrazione.
DA VISITARE
Siti archeologici[modifica] Ceglie, era una delle città della Messapica, il cui centro principale è costituito da Oria, che dal 343 a.C. al 338 a.C. opposero strenua resistenza all'influenza di Taranto, la città fondata da coloni spartani che ambiva a conquistare tutta la Magna Grecia e a consolidare il proprio ruolo egemone sul Mare Ionio sull'Adriatico meridionale. Taranto si impose definitivamente su tutta l'area pugliese dopo il 303 a.C. con un trattato che vietava alle navi romane di spingersi più ad oriente del Promontorio Lacinio. Della civiltà messapica rimangono numerosi resti archeologici: sistema difensivo di (specchie resti di fortini messapici. difatti Kailia (il nome messapico di Ceglie) aveva ben quattro cinte murarie con sulle cinte esterne (paretoni) elevate fortificazioni in blocchi megalitici (le specchie alte anche oltre 20 metri e diametro fino a 60 metri), la cinta di mura più interna aveva un perimetro di 5 km e racchiudeva una popolazione non inferiore ai 40.000 abitanti.[4]. Alcune piccole necropoli[5] con iscrizioni, monete, vasi messapici tipo Gnatia e reperti vari conservati in piccola parte nel locale museo archeologico di Ceglie e nei musei di Taranto, Brindisi, Lecce ed Egnazia ma, in gran parte dispersi in collezioni private e pubbliche[6]. Su mura e muraglioni chiamati paretoni, in passato si è teorizzata una loro origine messapica a cui si sono aggiunte, successivamente, teorie su un'origine bizantina riferibile a un limes, è oggi accertato che si tratta di sistemi di demarcazione territoriale riferibili all'età medievale[7]. Recenti ritrovamenti archeologici risalgono al 2008, durante i lavori di ristrutturazione del castello di proprietà comunale, al di sotto dell'atrio della fortificazione. Specchie[modifica] Nell'agro del comune di Ceglie Messapica sono presenti ben 18 specchie che circondano l'abitato descrivendo una forma ellittica: Monte Pelusello, Talene, Facciasquata, Castelluzzo, S. Lucia, Tarantina II, Oliva, Puledri, Capece, La Selva, Cervarolo, Madonna della Grotta, Pezze di Ferro, Montefocaro, Virgilio, S. Paolo, Sativa, Foggia Vetere e Specchia Tarantina. È da ritenere che le specchie, o almeno alcune, abbiano avuto anche una funzione sepolcrale. Ad esempio la specchia di Castelluzzo presenta una struttura architettonica a carattere difensivo ma all'interno sono state ritrovate celle funerarie e frammenti di terrecotte. Castello Ducale[modifica] Il Castello si erge su uno dei due colli su cui è posta Ceglie. Alla struttura si accede attraverso un ampio portale con arco a tutto sesto e un ingresso con volta ad ogiva che immette nell'atrio di forma irregolare circondato dalle varie ali del castello. A sinistra è collocata la torre normanna che costituisce la parte originaria del castello, risalente pressappoco al 1100. La torre di forma quadrata è il simbolo tradizionale della Città, è alta 34 m, conserva ancora tracce visibili del suo carattere militare. Sempre nell'atrio, a ridosso della torre è situato un pozzo sormontato da colonne, dal quale, secondo la tradizione attingeva acqua l'intera città durante i periodi di siccità, inoltre all'interno dell'atrio pullulano gli stemmi delle famiglie nobili che si sono avvicendate alla guida del feudo, le iscrizioni e altri elementi lapidei di notevole interesse artistico. Di fronte all'ingresso sono posti una scalinata ed un portale cinquecenteschi che conducono ad una delle parti residenziali (ala destra) costituita dalla Sala del Consiglio, un ampio vestibolo con volta decorata da pitture del ‘500 e un lungo corridoio che immette in stanze con caminetti monumentali in pietra. Il perimetro esterno inoltre comprende tre torrioni aragonesi di forma circolare. Palazzi di interesse storico[modifica] Palazzo Allegretti[modifica] Palazzo risalente al Settecento, il prospetto è stato rinnovato, in stile neoclassico, nel 1870, con conci in pietra gentile locale. Possiede due ampi portali sovrastati dagli stemmi araldici degli Allegretti e dei Cenci. Il palazzo affaccia sulla piazza Vecchia( fulcro un tempo della vita del centro storico) e su via porta di Giuso. Il palazzo è suddiviso in due ali entrambe proprietà privata, al piano terra sono ubicate la pinacoteca “Emilio Notte” e la biblioteca comunale Palazzo Epifani[modifica] Il palazzo è posto a ridosso del castello ducale in via forno del Duca. L'edificio è costituito da una parte settecentesca che include il portale a motivi floreali con stemma gentilizio, ed una parte ottocentesca costruita in pietra di Ostuni. Palazzo Greco[modifica] Ubicato nell'omonima via, palazzo Greco è un palazzo posto alle spalle della Collegiata. Presenta un ampio portale d'ingresso su cui oltre a essere riportato lo stemma gentilizio della famiglia è riportata anche la data del primo ristrutturo (1750) a cui corrispose un ampliamento della struttura e un rifacimento della facciata seguendo modelli vagamente neoclassici. All'interno del palazzo è presente anche una piccola cappella privata. Palazzo Vitale[modifica] Costruito nel 1801 dall'architetto Salvatore Trinchera. Il pianterreno rimanda ai moduli del convesso bugnato fiorentino. Le bugne, in pietra forte hanno assunto con il tempo il colore ambra, La facciata risulta incompleta. Palazzo Chionna[modifica] originariamente casa religiosa dei Paolotti o frati Minori. Di notevole pregio è il portale con stemma gentilizio che supporta una statua litica di S. Francesco da Paola. Altri Palazzi[modifica] • Palazzo Antelmy, caratteristico per la loggetta settecentesca e la balaustra in calcare locale. • Palazzo Lamarina. • Palazzo Monaco Nannavecchia • Palazzo Principalli Teatro[modifica] Alla fine dell'Ottocento l'intera città fu interessata da un processo espansivo con la costruzione di importanti edifici che per l'epoca rappresentarono un salto di qualità nella crescita economica e produttiva della città e della sua popolazione. Il teatro fu progettato dall'ingegnere Antonio Guariglia di Lecce. Il sindaco, Giuseppe Elia, ne avviò i lavori nel 1873 ma l'opera venne terminata molti anni dopo e venne inaugurato il 30 aprile del 1878. I lavori vennero eseguiti da maestranze locali. La facciata, il solo elemento originario che si conserva del Teatro Comunale, chiamato Politeama Giacosa, è in sobrio stile neoclassico e pochi elementi decorativi barocchi, con un solo ingresso ad arco a tutto sesto. Il manufatto architettonico ha svolto la sua funzione di teatro sino agli inizi dei XX secolo per poi diventare, nel corso del tempo, prima cinematografo, poi stalla durante la seconda guerra mondiale, quindi sala matrimoni, infine deposito della nettezza urbana. Dopo una lunga fase di restauro iniziata sul finire del XX secolo la struttura ha ricominciato a svolgere il suo ruolo originario di Teatro pubblico. Masserie[modifica] Nel territorio comunale sono presenti numerose masserie, di cui alcune fortificate. Architetture religiose[modifica] Collegiata[modifica] Chiesa consacrata al culto della Vergine Assunta. La chiesa sorge sulla vecchia acropoli, le origini risalgono al 1521 mentre l'attuale edificio risale al 1786. Infatti tra il 1781 e il 1786 l'edificio sacro fu ampliato e ristrutturato secondo il progetto dell'architetto napoletano Giovanni B. Broggia che diede allo stesso un aspetto Barocco. Il complesso risulta avere una pianta a croce greca ed è affiancato dalla torre campanaria, la facciata è in stile proto-Neoclassico, la cupola è maiolicata. L'interno appare maestoso, è decorato da numerosi affreschi opera di Domenico Carella ed è ricco di altari in marmi policromi di cui uno dedicato al santo patrono della città (Sant'Antonio da Padova). Tra le opere visibili nella chiesa si ricorda: il "Crocifisso" ligneo del XVI secolo collocato nell'abside sinistro; la "statua di S. Antonio da Padova", patrono di Ceglie, del XVIII secolo; la pala posta sull'altare raffigurante "l'Immacolata Concezione", la scultura in pietra policroma raffigurante "Cristo uscente dal sepolcro", opera del XVI secolo attribuita a Raimondo da Francavilla e conservata nella sagrestia. Tra gli affreschi spicca quello raffigurante cena biblica con veduta prospettica della Ceglie di fine ‘700, che costituisce la più antica raffigurazione della città: si riconoscono la torre del castello ed una chiesa che potrebbe essere la chiesa di S. Rocco o l'abbazia di S. Anna. Chiesa di San Rocco[modifica] Il Santuario di San Rocco fu costruito sul punto più alto di una collina dove sorgeva una Cappella edificata intorno al XVI secolo dedicata al Santo di Montpellier. Su quel colle, si dice che in tempi remoti fosse ubicato un tempio pagano che cambiò nome quando la popolazione, afflitta da pestilenze, cominciò a rivolgersi al Santo protettore degli appestati. Le prime notizie riguardanti la storia dell'edificio risalgono al 1595, quando fu compiuta una visita apostolica nella diocesi di Oria da parte di S.E. Mons. Camillo Borghese, vescovo di Castro. Dalla relazione di questa visita si capisce che vi è la prima costruzione di una chiesa dedicata a San Rocco fuori dalle mura a Ceglie. La struttura attuale del Tempio fu realizzata su progetto dell'ing. Antonio Guariglia di Lecce anche se fu attuato con notevoli variazioni. Non fu eseguito il pronao tetrastilo toscano. All'interno lo stile ionico fu sostituito dal composito. Al posto dell'attuale elegantissima cupola nel progetto si vede una semplice volta, allo stesso livello di quella della navata centrale. La facciata appare solenne soprattutto grazie alle ardite soluzioni architettoniche, ancora oggi, desta entusiasmo ed ammirazione. Il Santuario fu costruito con la fattiva collaborazione dell'intera popolazione di Ceglie, principalmente dagli abitanti del rione (all'epoca contrada) “mammacara”. La chiesa è composta da tre navate, una centrale e due laterali e da una quarta trasversale che dà a tutto il Tempio una forma di croce. La facciata anteriore è dello stesso stile del Duomo di Taranto. A destra e a sinistra, della facciata, furono ricavate quattro nicchie in cui dovevano essere collocate altrettante statue con al centro ed in alto quella di San Rocco. All'interno del Tempio, oltre alla statua lignea del Santo, datata XVIII secolo è custodita anche quella litica, datata XVI secolo, proveniente dalla vecchia Cappella, abbattuta per fare posto al nuovo edificio. Il campanile a quattro fornici, con altrettante campane di varie dimensioni e suoni è posto proprio sulla perpendicolare della originale sagrestia. La chiesa di San Rocco, fu eletta a Parrocchia, nel marzo del 1855, da S.E. Mons. Luigi Margarita, vescovo della diocesi di Oria, a seguito dell'assenso concesso da Ferdinando II di Borbone, Re delle due Sicilie. Chiesa di San Gioacchino[modifica] Chiesa dedicata al culto di San Gioacchino. Fu eretta, a partire dal 1869, su suolo donato da alcuni cittadini, con il fattivo contributo del popolo di Ceglie. Il progetto e la costruzione furono affidati ai fratelli Cavallo (maestri muratori del posto). L'edificio ha una pianta ottagonale lungo il cui perimetro si elevano le murature portanti atte a sostenere il tamburo e la volta emisferica, la cupola secondo il progetto originario doveva essere rivestita con maioliche colorate. L'intera struttura richiama nella sua forma il Pantheon di Roma Nell'interno spiccano: il pavimento costituito da quadrati di un'ottima graniglia di cemento, gli affreschi del pittore Abruzzese datati 1876, due dipinti raffiguranti S. Francesco di Paola e la “deposizione” del pittore martinese "Giuseppe di Giuseppe", le stupende statue di San Lorenzo, S. Gioacchino e S. Anna, Cristo risorto e la statua dell’Addolorata che veniva portata in processione la sera del Giovedì santo, per tutta la notte. Dopo accurati restauri, recentemente è stata riconsegnata al culto. Chiesa di San Domenico[modifica] La chiesa è annessa ad uno ex convento monacale dell'ordine domenicano che ha ospitato per anni (fino al 2004) la sede del palazzo di città. Il complesso fu edificato tra il 1534 e il 1570, in una delle sue ali ha ospitato anche un sanatorio. La chiesa è in stile barocchetto leccese, l'edificio è ad una sola navata cui si affiancano cappelle dai caratteristici altari barocchi in pietra, sormontati da pale e medaglioni di grande suggestione. All'interno, sulla porta centrale è posta l'Ultima Cena, opera del Casale datata 1776. Barocco è l'altare maggiore in marmo, con il portello del ciborio donato da Pietro Allegretti Cavallo nel 1866; sulla cantoria, collocata sopra l'altare maggiore, lo splendido organo positivo che necessita di un urgente restauro. Nell'abside, dietro l'altare maggiore, il coro ligneo del XVII secolo. Al centro della chiesa, due pulpiti in legno: a sinistra è posto quello più antico, di età medievale, opera di grande pregio artistico; a destra, in posizione elevata, il pulpito del XVII secolo, impreziosito dagli intagli delle colonnine tortili e dei pannelli decorativi. In una nicchia si riconosce la statua lignea di S. Domenico di Guzman, Padre Fondatore dell'Ordine dei Domenicani, il cui busto litico è posto sul portale laterale della chiesa. E stemmi dell'Ordine Religioso sono visibili in più parti della chiesa. Nella sagrestia è collocato il sacello della duchessa Isabella Noirot del Belgio, consorte del duca di Ceglie Diego Lubrano, deceduta giovanissima nel 1641. Nella chiesa sono conservate le statue dei Misteri, portate in processione il venerdì Santo Abbazia di Sant'Anna[modifica] Costruita sui resti di un tempio pagano – come recenti indagini hanno accertato in modo credibile – dedicato presumibilmente alla dea Latona, L'abbazia è datare nel IX secolo d.C.,le prime notizie documentate risalgono al 1182 e sono contenute nel Codice Diplomatico Brindisino[8]. La facciata dell'abbazia, semplice e lineare, è caratterizzata dai campanili a vela ad un fornice, simili a quelli della chiesa dell'Annunziata e della chiesa della Madonna della Grotta. Nella parte posteriore, sotto la calce si riconosce un protiro trecentesco di stile gotico. L'interno, ad una sola navata, spicca per la vivace policromia delle pareti: sopra l'ingresso è visibile il grande affresco trecentesco raffigurante la Morte della Santa. Di notevole pregio una tela di autore ignoto raffigurante la Sacra Famiglia, ed il dipinto ad olio ottocentesco attribuito a Vito Nicola Galeone, raffigurante la Madonna col Bambino e santi Cosimo, Damiano e Antonio da Padova. L'altare, tipicamente barocco nelle forme, conserva la statua lignea della Santa del XVIII secolo; sulla sommità è collocato il dipinto della Presentazione di Maria al Tempio. Altre strutture religiose[modifica] • CONVENTO PADRI PASSIONISTI dove giacciono le sacre spoglie di Sant'Aurelia Vergine e Martire. • CONVENTO DEI FRATI CAPPUCCINI: il convento era ubicato ove sorge oggi l'Ospedale Civile. Il convento fu edificato nel 1566. Il convento era costituito da 20 cellette e dalla chiesa di SANTA MARIA DEGLI ANGIOLI. La struttura fu abbattuta nel 1965. • CHIESA rurale della MADONNA DELLA GROTTA, è un'antichissima (IX secolo d.C.) chiesa in stile gotico situata sulla vecchia strada che da Ceglie conduce a Francavilla Fontana. La facciata della chiesa è arricchita da un ampio rosone del quale rimane la ghiera esterna e da un campanile a vela. La chiesa versa in un stato di abbandono. • CHIESETTA DELL'ANNUZIATA, chiesa in stile gotico del XIV secolo. • CHIESA DI SAN LORENZO DA BRINDISI. • CHIESA DI SAN DEMETRIO. • CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE (sconsacrata). • CHIESA DELL'IMMACOLATA, è stata per anni sede dell'opera don G

Hotel, Agriturismi, Bed and Breakfast, Ristoranti, Pizzerie, prodotti tipici nel comune diCeglie Messapica

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